Dov’è?

Un quadretto idillico che pare una reminiscenza omerica: un cane che muore ai piedi del padroncino, dopo averne pianto la morte.
“Anche un cane può piangere, che male c’è?”
Generosità di un’anima che ha capito il dono prezioso delle lacrime.

Dov’è? dov’è quella voce argentina
che inondava la casa di gioia?
Dov’è quel caro piccino che non conosceva la noia?
Non c’è; l’han portato via, ma dove? Altrove?
Ritornava trafelato da una corsa
e cercava del padrone la carezza.
Non c’era nessuno; c’era solo tristezza.
Le porte chiuse; non si poteva entrare?
Perché? Che c’era da guardare?
Attese, attese che il padrone uscisse
Ed entrò piano con le zampine perché nessuno udisse.
Che vide? Non lo seppe a nessuno raccontare,
perché un povero cane non può parlare.
Ma vide e capì che il padroncino dormiva:
abbaiò piano, languì, ma lui non si svegliava;
e lo lasciò, era troppo bello in mezzo a quei fiori
e si mise ai suoi piedi, perché nessuno lo vedesse o lo cacciasse fuori.
Ma poi anche di quel cane ebbe luce la mente;
non voleva, mugolò, ma nessuno lo sente;
guarda il piccino; e dite perché?
Anche un cane può piangere, che male c’è?
Si rasserenò; non c’era nulla da fare
s’accucciò di nuovo, e si mise a guardare.
Poi chinò il capo e chiuse gli occhi per sempre.
Trascorsero le ore; trascorsero lente
e quando a sera entrò il padrone così li trovò
in mezzo a quei fiori e corone.
Dagli occhi stanchi, incavati allor di quel signore
si sciolse l’odio, che aveva trafitto il cuore;
pianse e capì che dovevano essere lasciati così.

(Roma, 16 maggio 1954)

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